“Una bici contro il Fascismo” di Alberto Toscano
Un carattere burbero ma un cuore grande e impavido, un uomo e uno sportivo che resterà nella storia dell’Italia antifascista. Il libro di Alberto Toscano analizza la figura del leggendario ciclista, vincitore di tre Giri d’Italia e due Tour de France, considerando tutti gli aspetti del suo carattere: l’uomo, il campione, il credente, il marito fedele «di due mogli» (la sua bici da corsa e sua moglie Adriana), il suo dolore per la prematura scomparsa del fratello e, soprattutto, l’antifascista che, con coraggio, dopo la vittoria di un Tour ebbe l’ardire di ringraziare solo i tifosi e non il Duce, come richiesto dalla prassi istituzionale.
Era detto “Ginettaccio” per via del suo carattere, ma il campione non ha mai amato molto parlare dei suoi meriti extra sportivi e nemmeno della strada percorsa costantemente fra la Toscana e l’Umbria, a cavallo della sua fedele amica per salvare gli ebrei perseguitati, procurando loro i documenti falsi, nascosti nell’intelaiatura metallica e nella sella. Nella prefazione al libro a cura di Gianni Mura si legge, infatti, che “la sua religiosità ha giocato un ruolo importante nell’avversione verso le leggi razziali, nel rifiuto dei simboli della dittatura, oltre che nello straordinario dinamismo della rete clandestina nata nel 1943 per nascondere e salvare moltissimi ebrei”. Lui non lo considerava un gesto fuori dal comune insomma, ma la reazione che ogni persona dovrebbe avere di fronte alla vita minacciata degli altri.
Nel 2006 gli è stata conferita alla memoria la medaglia al valore civile dall’allora Presidente della Repubblica Ciampi e nel 2013 gli è stata assegnata dallo Stato di Israele l’importantissima onorificenza di Giusto fra le Nazioni, tanto da trovarne riferimento, oggi, anche sul Muro dei Giusti al Memoriale di Yad Vashem a Gerusalemme. Postfazione di Marek Halter. Da leggere.
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