
“Napoli sottocoppa”: ‘O Munaciello, paccheri e cumplimente
«Io songo ‘o Munaciello d’‘a casa toia
te faccio ‘o pazzariello e ttengo ‘a foia.
Me piaceno ‘e zzezzelle
piccerelle e ghianculelle.
Pe ddintê ssenghe ‘e muro
io traso rint’ô scuro
po’ traso chiano chiano e sto sott’ô divano…
Si traso cchiù vicino
i’ vengo ‘int’â cucina…
Cenerè fatte vedè
ca t’aspetta pure ‘o rre!»
Così scriveva Roberto De Simone nella sua Gatta Cenerentola, il primo vero musical made in Partenope, ripigliando uno dei personaggi più famosi della Napoli esoterica e folcloristica: ‘o Munaciello, un piezzo di catapiezzo, piccerillo e dispettoso, n’arrevotapopolo capace di portarti all’esasperazione più completa se ti mette sotto agli occhi. Ma capace pure di farti un mondo di bene e di gratificarti con regali altrimenti impossibili se ti prende a benvolere. A stare a sentire a Donna Matilde Serao, il munaciello sarebbe veramente esistito, vivendo a Napoli tra la fine della prima metà del 1400 e il 1500. Figlio nato da una storia d’amore vissuta tra Caterina Frezza, erede di un ricco mercante di stoffe, e Stefano Mariconda, un povero garzone di bottega. Secondo la voce del popolo i due innamorati si vedevano annascuso durante la notte, per non farsi scoprire dalla famiglia della ragazza. Stefano arrivava nella casa della sua bella attraverso un pericoloso percorso per ‘coppa ‘e titte delle case di mezza città. Na brutta sera però, si dice che venne buttato a coppabbascio e morì. Il frutto di quell’amore, quando venne alla luce, un bambino, si presentò brutto e deforme. Sgobbiato. E per questo motivo la bella Caterina, per tenere nascosta quella cosa incominciò a vestirlo con un abitino da monaco e con un cappuccio simile a quello che tengono sul saio i domenicani.
La figura del piccolo, quando attraversava le strade della città era fatta oggetto di scherno feroce e da parte di tutta la gente che se lo ritrovava davanti e lo indicava con nomignolo di “munaciello”. Improvvisamente, e molto misteriosamente, però, il ragazzo morì. I miseri resti di una specie di nano, le ossa, qualche tempo dopo vennero trovate in un condotto fognario e tutti pensarono che potessero essere quelle del figlio di Caterina ucciso dagli stessi famigliari della donna. Ma la leggenda non si fermò qua e in tanti sostennero che il ragazzo, di notte, girava per vie della città cercando una requie che non poteva avere e che perciò si vendicava facendo vendetta e cattiverie. Morì poi misteriosamente, anche se poco dopo ossa di nano furono rinvenute in una cloaca e molti avanzarono l’ipotesi che potesse essere stato ucciso dai Frezza. Il popolo napoletano, tuttavia, continuò a vederlo per le strade della città e ad attribuire alla sua sete di vendetta le disgrazie che si verificavano. E tuttavia ci sta ancora un’altra leggenda che vuole il munaciello simile a un diavulillo che fa rispiette, annascunneno ‘e ccose o pure lasciando monete d’oro in giro in modo che i vivi siano attirati da esso. A Napoli la sua presenza è descritta un poco dappertutto. Tra piazza Carlo Terzo e i Tribunali ci sarebbero numerosi edifici in cui l’entità si aggirerebbe tanto elargendo regali e facendo beneficenza ai bisognosi quanto caricando di calci e paccheri gli antipatici e poco rispettosi delle tradizioni. E in questo caso ci piace usare il modo di dire napoletano “Zi munacié, forza a chelli bbracce”
Carlo Avvisati
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