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“Napoli sottencoppa”: San Gennaro  ‘o giacubino

Per quindici anni i napoletani, dal 1799 al 1814, hanno «purtato ‘o musso» a San Gennaro, come si dice quando due persone, in genere due vecchi amici, che prima «s’eveno spartuto il suonno» e poi, per una incomprensione si sono appiccicati e non si sono guardati più in faccia. Di più. In quel periodo San Gennaro fu sostituito da Sant’Antonio Abate, quello del “giglio”, perché si era reso colpevole di “alto tradimento”. Che era successo?

Quando arrivano i francesi a Napoli, i lazzari, in quasi cinquantamila, alzano la bandiera sulla quale ci sta l’insegna del loro Santo protettore e per tre giorni si oppongono all’ingresso dei militari di Championnet. Finisce in un bagno di sangue. Siamo a gennaio, il 23, quando, dopo aver schiacciato i ribelli napoletani, il generale francese proclama la Repubblica napoletana, tra le feste e la soddisfazione dei giacobini cittadini, che per quella vittoria hanno combattuto contro i loro fratelli napoletani. Ebbene, per cercare di guadagnarsi l’appoggio di quei lazzari ormai sconfitti e pacificare la città, Championnet, da perfetto figlio di ntrocchia, anche perché i rivoltosi napoletani gli avevano soffiato «dint’â recchia» che i napoletani erano devotissimi al loro santo protettore e avrebbero accettato la presenza dei militari francesi se “faccia gialla” avesse dato segno di benevolenza nei loro confronti, organizza un “miracolo” di San Gennaro a suo uso e consumo. E così, va  nel Duomo e “ordina” all’arcivescovo di dire messa e di cacciare le ampolle con il sangue del Santo. Eh, e qua sta l’inghippo: il sangue si squaglia o esce dal tabernacolo già squagliato. Quasi a voler significare che tutto quello che era successo era stato consentito da San Gennaro. Ma non finisce là. Quattro giorni dopo, il 27 gennaio, altra messa in duomo e altro scioglimento. Due miracoli, a pochi giorni di distanza sono troppi pure per il fedele più sfegatato. Tanto che le parenti, come racconta Alessandro Dumas, se ne stanno in prima fila, incazzate e senza parlare. Nemmeno un “faccia gialluta” esce dalle loro bocche. Quel santo è nu traritore: San Gennaro ha tradito i suoi lazzari, ha voltato la faccia al suo popolo, a quello che era fedele al re Borbone, e s’è fatto giacobino pure lui.  E allora non è, e non sarà più, il loro santo protettore.

Tutte le immagini in cui stava ritratto vennero sfregiate di brutto. le statue fatte “piezze piezze” e qualcuna, trascinata sino al mare con una fune stretta al collo, venne buttata nell’acqua, tutta intera. Il quindicennio con Sant’Antonio però non fu un granché. Miracoli e protezione stavano a zero. Specialmente quando si «inzammava la muntagna», il Vesuvio, contro la cui furia e lava Gennaro teneva, e tiene, una sorta di “prelazione di blocco”. Vale a dire che solo Lui, è capace di proteggere Napoli e i Napoletani dalla furia omicida del Vesuvio. E fu proprio l’accenno di una violenta eruzione che alla fine mise pace tra il Santo e il suo popolo che, nonostante avesse piazzato Sant’Antonio a protettore, sotto sotto continuava a adorare Gennaro e a volergli bene. Un amore, se vogliamo, reciproco. Sant’Antonio, difatti, si dimostrò impotente, quando alla fine del dicembre del 1813 la «Muntagna se scetaie» e minacciò Napoli da vicino: llà serveva  San Gennaro. Ricordandosi che una statua era stata buttata in mare, alcuni pescatori si misero  a dragare il porto. Ma la statua non usciva. E si ricordarono, allora, che sul ponte di Maddaloni ci stava un marmo con l’effigie del Santo. Andarono, la presero e la portarono di fronte alla lava. Che si bloccò. E così fini l’appicceco con San Gennaro tornato al proprio posto e Sant’Antonio che, seppure a malincuore,  dovette capire che il fuoco e il Vesuvio non erano arte sua. Per fortuna di Napoli e dei napoletani.

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