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Maradona, dal campo paradiso al campo più grande: in Paradiso puoi giocare ancora

Quando nel pomeriggio sono arrivate le prime notizie dall’Argentina, ho pensato ad una notizia falsa, di cattivo gusto. Pessimo uso magari dei social e mi apprestavo ad attaccare coloro che avevano creato lo scoop. Non ho creduto, quasi un  rifiuto ad accettare la realtà. Le conferme però iniziavano ad essere tante ma Sky riferiva “che era grave” e mi sono aggrappata a questa notizia. Poi… poi  è iniziato il film: 1984 , si diffonde la notizia, Maradona a Napoli e in una manciata di minuti la città è in festa: trombe , folla, bandiere, macchine: un tripudio perché Diego aveva scelto Napoli. E poi l’ingresso allo stadio divenuto Tempio del Calcio grazie a lui. E comincia la favola, il suo sorriso, le sue giocate, i suoi gol. In campo trova tanti  Goikoetxea che tentano di fermarlo ma lui non protestava. Giocò il primo anno con compagni “bravi ragazzi” che si affannavano a seguirlo ma lui non protestava. Tanti arbitri anche allora che non vedevano, ma lui non protestava. E negli spogliatoi era l’amico di tutti.

All’epoca lavoravo a Telelibera 63 con un Carlo Alvino giovanissimo allo sport e riuscimmo ad aprire una finestra sul mondo del calcio incontrando ogni martedì Diego Armando Maradona. Per un anno il martedì era sacro. Si cercava di chiudere il telegiornale nel primo pomeriggio pregando che non accadesse nulla nelle ore sacre,  perché poi si scendeva giù ad aspettare Diego. E ogni volta arrivava un amico, semplice, allegro, modesto. Si commentava la partita ma si parlava di tutto con disinvoltura e semplicità. Perché Diego era un uomo semplice, schietto e soprattutto buono.

Oggi lo piangono tutti, ma soprattutto quelli che lo hanno conosciuto perché ognuno tiene chiuso nel proprio scrigno il ricordo di qualcosa di bello, pulito, unico.

Ciao Diego, arrivasti in un piccolo campo paradiso, ed ora giocherai in un campo più grande, al Paradiso e intanto, il tuo tempio diventerà Stadio Diego Maradona.

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