Le creature, l’ultimo libro di Massimiliano Virgilio
C’è un film-documentario del 2001 intitolato Children Underground (I bambini della metropolitana) che raffigura con chiarezza la situazione dei bambini senza identità che vivono nel sistema fognario della capitale rumena. Ci sono i ragazzini di Odessa, che vivono anch’essi nascosti nei tombini, come fantasmi. Ci sono i senza nome delle favelas brasiliane, quelli dei sobborghi parigini, i milioni di piccoli indiani o pakistani senza diritti. A loro assomigliano i fantasmini de Le Creature, l’ultima fatica letteraria di Massimiliano Virgilio. Nella periferia napoletana c’è una casa famiglia illegale dove vivono – a convitto e a pagamento – i figli dei clandestini che devono lavorare. Ragazzi nati in Italia che non hanno mai visto i loro paesi di origine. E’ in questo luogo lugubre, gestito da una donna terribile soprannominata Leonessa (donna la cui anima è morta anni prima) che Liu, mamma cinese, porta Han, che di cinese ha solo gli occhi a mandorla e il passaporto perché, di fatto, Han in Cina non ci è mai stato.
Le creature è una storia meravigliosa perché, nonostante tutto, Virgilio riesce a donare ai suoi “ragazzi di vita” nomi, volti, identità, raccontandone l’esistenza e rendendoli universali. Da’ voce alle creature, nei luoghi più o meno fatiscenti di una Napoli moderna, facendole uscire fuori dall’invisibilità. Intreccia i loro animi e le loro storie, spesso culminanti in tragici finali. Anche Han diventerà un fantasmino, assieme all’ucraino Dimitri, al senegalese Ismail e a Nina, meravigliosa creatura di cui il cinesino s’innamora. Con uno stile narrativo obiettivo e scevro di preconcetti, Virgilio affronta la storia del piccolo cinese, il quale vivrà una lenta discesa all’inferno – e ritorno – assieme a Manuel, il figlio della Leonessa uscito dal carcere, che lo coinvolgerà in un abisso di violenza inaudita dalla conclusione, di certo non scontata, che lascerà al lettore, comunque, un vago senso di speranza.
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