“La scienza al servizio dello sport”: intervista al Professore Antonio Giordano
Eccellenza napoletana nel mondo, il Professore Antonio Giordano è una delle grandi menti del mondo della scienza. Per anni ha collaborato con il Napoli e con il Dottore Alfonso De Nicola, dando un grande contributo alla causa azzurra. Grazie al suo lavoro la medicina sportiva si sta proiettando verso un nuovo futuro.
Giudica positiva o negativa l’intenzione della FIGC di riprendere il campionato? Quali sono i rischi?
“Chi mi conosce sa bene quanto sia appassionato di calcio e da tifoso, quanto viva con emozione la partita allo stadio. Quindi è evidente che questa chiusura mi rattristi. Tuttavia, in questo momento abbiamo la responsabilità di tutelare la salute di tutti i calciatori, degli sportivi e dei cittadini tutti per cui abbiamo la possibilità di guardare agli allenamenti come una lenta ripartenza verso la normalità.”
Il Covid cambierà quasi certamente la nostra vita nel prossimo futuro. Per quanto concerne lo sport quali potrebbero essere i cambiamenti che detterà il virus?
“La pandemia ha già cambiato le abitudini sociali e in molti casi anche la vita di intere famiglie. Penso, per esempio, a coloro che hanno perso i loro cari. Quindi è ovvio che il distanziamento abbia pesantemente influito sul mondo dello sport ed è immaginabile che, per il prossimo futuro, dovremo progettare un modo nuovo di gareggiare, senza per questo smarrire il valore dell’incontro che ogni disciplina porta con sé.”
Essendo i calciatori molto prestanti fisicamente e sempre ben allenati, sono meno esposti ad un possibile contagio?
“Assolutamente no. Durante il recupero di un esercizio fisico intenso e prolungato si verifica una “open window” di immunodepressione. Questa ha una durata variabile (da 3 a 72 ore) in rapporto al sistema immunitario del soggetto e si concretizza in un elevato rischio di infezioni. In questa fase si osserva una ridistribuzione dei linfociti tra sangue e tessuti in risposta allo stress fisiologico dell’esercizio. Tra le varie strategie che gli atleti usano per recuperare da un esercizio intenso, ci sono l’integrazione di carboidrati (la più efficace nel ridurre al minimo i disturbi immunitari durante il recupero dello sforzo fisico) e il sonno, rispetto al quale saranno necessarie ulteriori ricerche per determinare in che modo la sua interruzione influenza il sistema immunitario degli atleti.”
Il suo rapporto con De Nicola e col Napoli come è iniziato? Che risultati ha prodotto?
“Inizialmente è nata l’amicizia e, solo in un secondo momento, abbiamo deciso di collaborare mettendo le nostri menti ma soprattutto le nostre competenze l’uno a servizio dell’altro, facendone anche occasione di crescita e di sviluppo,. Oggi l’amicizia con Alfonso De Nicola continua cosi come la nostra collaborazione che ci vedrà impegnati su nuovi progetti”
Nello specifico, il Dottor De Nicola ci ha parlato di un possibile connubio tra medicina sportiva e genetica. Quali sono stati i risultati ottenuti in tal senso?
“Lo studio ha analizzato la presenza di polimorfismi in cinque geni che sono implicati in specifiche attività o correlati agli infortuni e in geni che possono essere modulati dall’esterno, attraverso specifiche indicazioni nutrizionali. I risultati hanno evidenziato come le possibili variazioni genomiche possano essere minimizzate, almeno in parte, mediante programmi nutrizionali e di allenamento specifici disegnati dallo staff medico, spiegando così l’eccellente performance ottenuta dalla squadra. Ovviamente, questo non ci consente di prevedere i traumi.”
C’è stato un momento il cui la medicina sportiva e la genetica sono andate in difficoltà di fronte ad un grave infortunio di un calciatore?
“Non penso che ci sia stato un momento, ma piuttosto che la nuova medicina dello sport stia diventando una specialità capace di prendere in considerazione, sempre maggiore, le differenze genetiche degli atleti. In questo senso, questo studio rappresenta un valore aggiunto alla personalizzazione della preparazione atletica degli sportivi proiettando così la medicina dello sport verso il terzo millennio. L’ipotesi riportata suggerisce come la combinazione di appropriati allenamenti, adattati ai profili genetici e nutrizionali di ogni atleta, possa essere un modo per raggiungere delle performance atletiche d’élite.”
Visto che De Nicola dirigeva uno degli staff medici più invidiati in Europa, cosa ha perso il Napoli dopo l’interruzione del rapporto con lui?
“Non parlerei di perdita. Il dottor De Nicola ha dato grandi insegnamenti e ha lasciato un grande staff che segue ancora le sue metodologie. Personalmente, con lui c’è ancora ben saldo un rapporto di amicizia e in continua evoluzione un rapporto lavorativo.”
Ci racconta un suo ricordo personale da tifoso del Napoli?
“Sicuramente il periodo che da tifoso ricordo come il più esaltante è stato quello in cui Maradona faceva parte della squadra del Napoli. Ogni partita era un gioiello che ogni tifoso napoletano custodisce con orgoglio.”
Poiché è stato spesso accostato alla ricerca del Cotugno e del Pascale, qual è ad oggi il suo contributo alla ricerca e all’eccellenza napoletana?
“Sono napoletano e da sempre avverto forte il richiamo delle mie radici per cui ho sempre collaborato con le strutture della mia città. Collaboro con orgoglio a tutt’oggi con l’Istituto Pascale di Napoli (CROM di Mercogliano), attraverso una linea di ricerca dedicata a ciclo cellulare e cancro ed in particolare di tumore al polmone e mesotelioma rispetto ai quali stiamo ottenendo dei risultati incoraggianti.”
Giovanni Frezzetti
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