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Nun ce tuccate a San Gennaro

La storia si ripete. Come si ripete, e come si è ripetuto, ieri sera, alle 19 e 04, il Miracolo. Quello di San Gennaro. E così, come si ripete il prodigio, quasi in contemporanea arrivano i commenti salaci, sarcastici, aspri e irriverenti di chi non crede. Ebbene nessuno ha chiesto a costoro di credere a quello in cui non credono. Dunque, perché criticare e sbeffeggiare chi invece ci crede? Per imbecillità, per credenza popolare, per tradizione, per fede, per commecaspita volete voi, ma ci crede e questo non fa una grinza. E allora perché commentare? A costoro, molto sommessamente, vorrei fare presente che quando dicono di non credere al miracolo già credono perché negano un fatto che secondo loro non dovrebbe esistere. E dunque se negano una cosa che non esiste allora vuol dire che esiste. Sofismi. Complicati, forse. E dunque, allora datevi pace. San Gennaro, vi piaccia o meno, il prodigio lo fa e lo fa per tutti: per chi ci crede e per chi sghignazza. È nu santo scialone, sciampagnone. Vuole bene pure a quelli che lo denigrano.

Le hanno tentate tutte. Scienziatoni sono arrivati da qua e da là. Hanno osservato, l’hanno sbazzeriato… il sangue, l’hanno analizzato, dall’esterno. Chi diceva è un effetto tixotropico… chi diceva è il calore.. e chi diceva e diceva e diceva senza dire alcunché. Perché il sangue, si scioglie, schiumeggia, resta in grumi oppure solido come, quando e dove dice lui. Nessuno comanda scioglimenti… a comando.

Credere o meno è un atto di fede. I napoletani tengono un patto fatto con il Santo. Lui protegge la città e lloro se fanno accidere pe isso. Qualcuno ha detto che il Santo è l’anima di Napoli. Vero. Ma pure qualcosa di più, anzi, molto di più. San Gennaro è la speranza. Quella fatta di piccole cose; quella che ti dà la forza di andare avanti anche quando sai che non ce la farai; quella che permette di parlare a tu e tu con una persona di famiglia, con un parente. Così come facevano le “parenti”, sino a qualche anno fa, magari anche pigliandolo a male parole, per sollecitarne l’intervento salvifico. Come successe nell’aprile del 1906, allorché il Vesuvio esplose e diede vita a una delle più spaventosi eruzioni mai viste da quella del 79 dopo Cristo in poi.

Le ampolle con il sangue, conservate nel Duomo di Napoli, vengono esposte tre volte all’anno. All’onomastico del santo, il 19 settembre; il sedici dicembre e il sabato che precede la prima domenica di Maggio. Il sangue che si scioglie a maggio viene ritenuto di buon auspicio per la città. Quando non succede, il timore di disgrazie (quasi sempre verificatesi) si può toccare con mano in tutta Napoli. Quando invece il santo mostra ancora un volta la benevolenza al suo popolo, allora tutto cambia e un senso di pace e di sicurezza – e perché no, di contentezza – si posa su Napoli e sui napoletani.  Quest’anno, ieri, primo sabato di maggio, è stato così. Laddove i lutti per la terribile pandemia sono andati avanti in maniera esponenziale, anche solo credere che San Gennaro potesse levarsi a scudo dei suoi fedeli  contro il virus è un elemento di grande valore socio antropologico. Figuriamoci se lo stesso “credo” arriva per fede. E fede c’è. Non toccate mai san Gennaro a un napoletano verace. Gli potete toccare anche gli affetti più cari, ma San Gennaro, no. Lassatelo stare. Non è roba vostra. Non siete napoletani. Il che equivale a non essere. E mica è poco!

Foto: Sergio Siano

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