Nonostante la volontà più volte ribadita dalla FIGC e dal governo nella persona del ministro Spadafora di far ripartire il calcio in massima sicurezza, la decisione è stata ancora una volta rimandata. Tutti sembrano scappare dalle proprie responsabilità. Il via agli allenamenti individuali dal 4 maggio e a quelli collettivi dal 18 maggio non significa che il campionato ripartirà. Serve ancora un passo in avanti.
Il protocollo sanitario della FIGC è stato giudicato troppo blando e dunque è stato rispedito al mittente. La volontà di prendere tempo è chiara. Nonostante tutto, il tempo stringe. I calciatori necessitano di quasi un mese per rimettersi in forma. Dunque, ripartire con gli allenamenti collettivi il 18 maggio vorrebbe dire far riprendere eventualmente il campionato non prima di giungo inoltrato. Forse sarebbe troppo tardi.
Il campionato ha poi l’obbligo di terminare entro il 2 agosto. Infatti l’Uefa ha volontà di giocare la Champions e l’Europa League ad agosto. Tutti scalpitano, ma tutti sono nell’incertezza più assoluta. Società, calciatori, addetti ai lavori, televisioni e giornali, stanno attendendo una decisione che tarda ad arrivare. Per ora non si è fatto cenno neanche ad un eventuale Piano B, in caso il campionato non riparta. Resta sul tavolo l’ipotesi Playoff, osteggiata però da molti.
Sono molte le grane ancora in ballo: stipendi dei calciatori, diritti Tv e il destino dell’attuale classifica della stagione sospesa. La chiarezza non sembra essere di casa né nel governo né nella FIGC. Il calcio sta subendo una svalutazione economica e sociale non degna del suo nome. Sarebbe necessario che chi di dovere si prenda le proprie responsabilità: il calcio, giocato nella massima sicurezza, sarà solo un’arma in più, sociale ed economica, per alleviare le sofferenze che il popolo italiano ha subito e sta subendo a causa del Coronavirus.
Giovanni Frezzetti