
Il Torino di Longo sulla strada degli azzurri
In estate c’erano le premesse per una stagione nel segno dell’Europa. Con Mazzarri confermato in panchina, il riscatto Zaza dal Valencia, l’acquisto di Verdi al fotofinish, e trattenuti i migliori talenti (Belotti su tutti), il Torino sembrava avviato verso un campionato positivo. Sette mesi dopo, si ritrova quattordicesimo, a + 5 sulla zona retrocessione, con sole otto partite vinte ed una differenza reti di -16. L’esonero di Mazzarri e l’arrivo di Longo non ha sortito i risultati sperati: nelle ultime 5, il Torino non ha conquistato neanche un punto.
Lo stile di gioco. Longo non ha introdotto sostanziali cambiamenti al Mazzarriano 3-5-2, seppure l’ex tecnico del Napoli, durante la stagione, aveva provato altri sistemi di gioco (come il 4-2-3-1 visto contro il Napoli all’andata). Nelle ultime partite il Toro gioca stabilmente con la difesa a tre (Lyanco, Nkoulou e Bremer, tre centrali puri e dal fisico possente); il centrocampo a è a quattro, con due tornanti (come Ansaldi e De Silvestri, entrambi con un passato da terzini) e due lottatori in mezzo (Lukic è risalito nelle gerarchi). In avanti, la mobilità e la tecnica di Verdi (o Edera) e Berenguer sono messe a supporto del terminale Belotti, in un 3-4-2-1 che lascia molto spazio agli interpreti.
I punti deboli. Sulla carta, la rosa del Torino è da Europa League. Elementi come Verdi, Belotti, De Silvestri, Rincon, Sirigu hanno avuto carriere importanti e posseggono esperienza internazionale. Al di là degli aspetti tattici, sembra essere la componente psicologica a pesare sul campionato del Torino, vista l’ormai certa esclusione dalle coppe già in gennaio. Resta una squadra temibile che può sfoderare una prova d’orgoglio in condizioni difficili. Toccherà agli azzurri non rivitalizzare una squadra alle corde.
Claudio Urciuolo
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