Contropiede Azzurro

Champions League: i vantaggi economici del sistema attuale e di quelli che arriveranno con la riforma

In un editoriale di Matteo Spaziante su Calcio e Finanza si vanno ad esaminare le conseguenze economiche delle big che hanno tentato di mettere in piedi una competizione parallela per risanare i bilanci.

Lo scontro tra le big d’Europa e l’Uefa – si legge su Calcio e Finanza – per ottenere sempre qualcosa in più dalla federcalcio continentale stavolta si è trasformato in quello che molti hanno considerato come un bluff riuscito male, con la nascita e la fuga dalla Superlega nel giro di 48 ore.

I privilegi dalle principali squadre d’Europa ottenuti negli scorsi anni (a meno di novità improvvise), tuttavia, resteranno tali anche per le prossime stagioni. Almeno per le prossime tre stagioni relativamente a quanto riguarda la parte economica, mentre qualche vantaggio potrebbe esserci con il nuovo format della Champions League per l’accesso alla competizione dal 2024 in poi.

Partiamo con il lato economico. È stato confermato infatti anche per il ciclo 2021/24 l’attuale sistema di distribuzione delle risorse tra i club: un sistema introdotto nel 2018 dopo le trattative tra l’Uefa e l’Eca di Andrea Agnelli, che avevano condiviso la propria posizione.

Un sistema che, nel distribuire i ricavi, mette paletti che salvaguardano le entrate delle big: il 30% infatti viene distribuito in base al ranking decennale/storico, che favorisce e non poco i top club. Viene infatti stilata una classifica in base ai risultati nelle coppe negli ultimi 10 anni, a cui si somma un punteggio legato invece ai trofei conquistati in Europa.

Una graduatoria in cui 5 delle prime 6 squadre (ma anche 7 delle prime 10 sono quelle che avrebbero voluto far parte della Superlega. In questo modo, ad esempio, il Real Madrid all’inizio della stagione in corso era già sicuro di incassare oltre 50 milioni (35 milioni grazie al ranking decennale/storico e 15,25 di bonus partecipazione), contro i poco più di 15 milioni del Ferencváros, l’ultima nel ranking tra le squadre qualificate alla fase a gironi.

Tra le italiane, ad esempio, se il Milan nella scorsa stagione si fosse qualificata alla Champions League, nel 2020/21 avrebbe incassato 34,4 milioni (18,8 per il ranking decennale/storico e 15,25 per il bonus di partecipazione), mentre l’Atalanta non andrà oltre i 20,8 milioni (5,5 per il ranking decennale/storico e 15,25 come bonus partecipazione).

Senza considerare, poi, quello che è il peso dei top 5 campionati, che sono anche i top 5 mercati, in termini di diritti tv. Il market pool, infatti, viene redistribuito alle squadre secondo il valore proporzionale di ogni mercato televisivo rappresentato dai club partecipanti. Così nel 2019/20, su un market pool distribuito pari complessivi 292 milioni, alle squadre italiane sono finiti 51,1 milioni, alle spagnole 60,4 milioni, alle francesi 58,7 milioni, alle tedesche 34,2 milioni e alle inglesi 68,1 milioni, per un totale di 272 milioni di euro. Significa, in sostanza, le 19 squadre provenienti dai top 5 campionati hanno incassato il 93% dei ricavi da diritti tv, con le restanti 21 (13 ai gironi e 8 eliminate ai playoff) che si sono divise 20 milioni complessivi.

Questa sarà così la situazione che caratterizzerà anche i prossimi tre anni, dopo l’approvazione da parte dell’Esecutivo Uefa dei criteri per la ridistribuzione dei ricavi per le competizioni. Potranno variare le cifre, anche considerando che l’Uefa ha alzato la parte di ricavi che sarà versata ai club non partecipanti come solidarietà, ma le proporzioni tra le big e le altre squadre difficilmente cambierà più di tanto.

Dal 2024 (anche se l’Uefa cercherà di anticiparla) in poi arriverà invece la riforma della Champions League, con il famoso “sistema svizzero”. In cosa consiste? Niente più fase a gironi classica, ma una prima fase in cui ogni squadra disputerà 10 partite (5 in casa e 5 in trasfert) contro 10 avversarie diverse, con una graduatoria unica per delineare poi la fase ad eliminazione diretta. Un format che porterà ad un aumento delle partite notevole: si parla di 100 partite in più rispetto alle attuali 125 che caratterizzano la Champions League (dalla fase a gironi in poi), tema che complicherà e non poco i compiti di squadre, allenatori e giocatori, considerando il numero di gare aggiuntive.

L’altra novità su cui si discute, però, potrebbe essere un’altra ancora di salvataggio per le big, per quanto riguarda l’accesso alla Champions League. Al momento, la riforma prevede che i 4 posti aggiuntivi (visto che il torneo passerà da 32 a 36 squadre) per la fase a gironi vengano così assegnati:

Quest’ultimo, in particolare, è un dettaglio non di poco conto. Se ad esempio questi criteri fossero stati utilizzati per la stagione 2020/21, sarebbero entrati nella fase a gironi direttamente il Benfica, una tra Slavia Praga, Maccabi Tel Aviv, Omonia (Cipro) e Molde, ma soprattutto Arsenal e Roma, ovverosia le due squadre con il ranking più alto tra quelle che non si sono qualificate alla Champions ma solo all’Europa League.

Un salvagente non di poco conto: in questo modo uno dei top club che magari per un anno dovesse non centrare un piazzamento tra le prime quattro in campionato, magari chiudendo quinto o sesto (quindi comunque qualificandosi alle coppe), potrebbe comunque rientrare in gioco.

Criteri che non sono ancora definitivi (“ulteriori decisioni saranno prese entro la fine del 2021 e il format approvato il 19 aprile potrebbe subire eventuali aggiustamenti se necessario”, si legge in una nota), ma su cui la Uefa sembra comunque intenzionata a proseguire. Anche perché, dopo aver sventolato e sfruttato il tema della meritocrazia per combattere la Superlega, ora tornare indietro potrebbe essere difficile.