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“C’era una volta il calcio”: intervista a Sandro Sabatini

Sandro Sabatini, capo redattore a Sport Mediaset, dal 1984 si occupa di sport. Dopo quasi 11 anni passati a Sky, nel 2015 passa a Mediaset. Sabatini, da sempre appassionato di calcio, giornalista seguitissimo anche nelle sue quotidiane dirette Instagram, ha raccontato in esclusiva a Contropiede Azzurro la sua visione di questo sport e di quanto sia cambiato, in negativo o in positivo, il calcio negli ultimi 30-40 anni.

Buon Pomeriggio Sabatini. Quali sono stati i cambiamenti del calcio negli ultimi 30-40 anni?

“Dal punto di vista tecnico la velocità. Una rivoluzione è stata il passaggio indietro al portiere che è stato abolito. Prima le partite si bloccavano, chi era in vantaggio rallentava il gioco. Ma anche il fuorigioco, prima non c’era distinzione tra attivo e passivo. In sintesi, rispetto a 30 anni fa le persone uscivano dallo stadio 5 minuti prima del fischio finale, adesso la gente nell’ultimo quarto d’ora può cambiare la partita.”

A parte i soliti nomi altisonanti, tipo Sacchi, chi è stato un allenatore che ha rivoluzionato il calcio?

“Giovanni Galeone. Lui è stato un grande innovatore ed un grande allenatore. Non ha avuto tutte stagioni positive, ma nel suo periodo migliore è stato un grande allenatore, soprattutto a Pescara.”

Chi può essere invece l’allenatore del futuro?

“Difficile da dire. L’allenatore del futuro sarà colui che riuscirà ad essere meno schematico e più imprevedibile di tutti. Una volta si vinceva con Maradona, Zidane, Zico, con i grandi fantasisti in campo, oggi secondo me si vince con i fantasisti della panchina, chi sarà più geniale come allenatore diventerà vincente.”

Ci potrà essere nel calcio italiano una maggiore alternanza nella vittoria dello scudetto? Quindi un campionato che non sia vinto dalla solita Juventus o dalle milanesi come accaduto negli ultimi 20 anni…

“Il Napoli e la Roma ci sono andate vicine in questi ultimi 20 anni. La Roma vinceva lo scudetto quando aveva Falcao negli anni ’80 e quando aveva Totti nei primi anni 2000; il Napoli vinceva lo scudetto con Maradona. Gli azzurri ci sono andati vicini di recente, ma resta una questione di giocatori. Tutte le storie sul fatturato e sulla sudditanza psicologica c’entrano, ma in piccola parte rispetto alla qualità tecnica della rosa. Alla base c’è sempre la squadra che si mette insieme aldilà dei soldi spesi. Ne è un esempio il Milan che negli ultimi anni ha speso tantissimi soldi e non è di certo messo bene attualmente.”

Perché ad oggi i giovani fanno più fatica rispetto a qualche decennio fa? In precedenza la Serie B era un trampolino di lancio maggiore per molti talenti, non trova?

“Secondo me, purtroppo, per gli stranieri, ne sono arrivati tanti bravi ma anche tanti di cui se ne poteva fare a meno. Spesso hanno tolto un po’ di posto agli italiani. Ma diciamo che oggi c’è qualche giovane che viene lanciato, penso a Tonali o a Kumbulla. Negli anni ’80 i giovani venivano lanciati prima perché la carriera finiva prima. A 31-32 anni si smetteva, adesso no.”

C’è un prototipo del calciatore del futuro?

“Il calciatore del futuro sarà colui che riuscirà ad unire fantasia, doti atletiche e senso dell’incursione nello spazio. Il calciatore del futuro è Hamsik dei beni tempi. Si può dire che Hamsik è il calciatore del recente passato, quello del presente è Pogba, quelli del futuro sono Zaniolo e Castrovilli. Sono quei giocatori che sanno “smarcarsi”, come si diceva negli anni ’80, e diventeranno i pezzi più pregiati.”

Ad oggi qual è il problema principale che ha il calcio italiano?

“Io non penso ci sia un problema specifico. Il calcio ha dei problemi in generale, che sia calcio italiano, spagnolo o tedesco. In Italia ci sono tante società indebitate, ma diciamo che è difficile immaginare una situazione diversa nel Paese che ha il debito pubblico più alto d’Europa. Ogni azienda è figlia del Paese in cui opera.”

Come cambierà il calcio dopo il Coronavirus?

“Temo di sì, ma non so precisamente come. Sicuramente il calcio avrà prezzi, valori e stipendi dimezzati. Ci sarà un generale ridimensionamento del calcio europeo. Ma spero che la pandemia venga affrontata con coraggio, che non significa incoscienza. Bisogna essere prudenti ma coraggiosi, usando tutte le precauzioni”.

Giovanni Frezzetti

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